16.1.09

Biker stagionale


....tocco il freno, rilascio dolcemente la frizione e metto in folle, accosto l'auto alla "bambina" e spengo le luci. L'odore del mio box è inconfondibile: l'essenza dominante è gomma di pneumatici mista a calce viva, olio motore e conceria per via dello sdrucito giubbottazzo di pelle appeso in bella mostra sulla grigiastra parete nord e che se solo potesse parlare non perderebbe l'occasione di apostrofarmi con un bel "sei un cazzo di biker stagionale!". Vero, non cavalco da settimane, "no excuse" direbbe il Wuber...sigh!
Il banco degli attrezzi appena riverniciato di rosso finalmente è asciutto, un po' di vernice deve essermi avanzata: disegno un otto seguito da un altro otto e poi un tre a caratteri cubitali sul retro della saracinesca così la scritta non può vedersi da fuori: 883 solo per me.

14.1.09

ho cambiato meccanico!


12.1.09

Isole




La “Maison Colonial” non fa orario continuato, chiude per la pausa pranzo; non appena punta il faro Bullet verso il noto show room Marco se ne accorge subito, le luci sono spente, il parcheggio è deserto. All’ingresso un piccolo cartello annuncia: “Informiamo la gentile clientela che il negozio osserva il seguente orario: 9,30 – 12,30 ; 16,00– 19,30 tutti i giorni della settimana escluso domenica” .
Marco rincorre Corinne con lo sguardo, mentre velocemente scavalca la Sporster per scoprire i manufatti esposti nelle grandi vetrine del piano terreno, illuminate a giorno dal pallido sole autunnale. Si avvicina per la prima volta a questo piccolo “tesoro” saltellando e ridacchiando come un bimbo al luna park, gli indici e i medi tamburellanti sui rispettivi pollici come nacchere ne accompagnano la danza: la lunga e dorata collana a disegno tribale tradisce la sua passione per l’etno-chic, e proprio per questo Marco ce l’aveva portata.
Gli occhi a mandorla di Corinne rimbalzano eccitati su ogni forma e nuance: una credenza indonesiana di tek profilata con porzioni di maiolica blu oltremare, sedie in midollino ricoperte da sete grezze indiane, secretaires in cuoio marocchino e ciliegio francese sui cui riposano lampade indiane del Deccan illuminate da pensieri lontani. Oggetti rari patinati dal tempo inesorabile e dolce come la malinconia. Marco si avvicina, le appoggia il mento nell’incavo della spalla e intreccia le mani con le sue. Sono vicini, immobili e silenziosi come isole che si incontrano alla deriva. Le persone solo isole. Accade a volte che alcune, affascinate dall’eterno movimento delle onde prendano il mare alla ricerca del “perfetto equilibrio”. Pochi sanno prendere il mare.

Peccato Cheri sia già chiuso, riapre alle quattro, sono solo le due e quaranta...
Guarda Marco, mi fa impazzire!

Corinne indica con il pollice, come farebbe un bimbo, un candelabro birmano ad una luce, il paralume è rosso mattone in vetro soffiato, il basamento in bambù invecchiato. Marco memorizza quel gesto infantile con tenerezza, presto gliene farà dono. Si frequentavano da poco eppure a Marco pareva di conoscerla da sempre. Precisamente era la seconda volta che si incontravano, dopo la presentazione di rito al vernissage organizzato dalla galleria d’arte milanese “Il Milione” per la nuova sede di Brera dove Marco affermato architetto quarantenne aveva seguito i lavori di ristrutturazione e luogo nel quale Corinne, bella e giovanissima hostess, incontro magico tra occidente ed oriente, prestava per l’occasione servizio. L’evento denominato “Balla e i Futuristi” era stato preceduto da un battage pubblicitario senza precedenti fortemente voluto dalla proprietà: l’aristocratico ebreo americano Goral Kiton, unico erede del noto impero legato ai tessuti di pregio, stravagante settantenne dal fisico esile e minuto conosciuto da Marco alcune settimane prima durante L’Harley-Faaker a Saint Tropez e che una notte aveva ritrovato al celebre “Les Caves du Roy” ubriaco fradicio e semisvenuto, quindi caricato e imbracato al sissy-bar della fidata 883 e deposto sul divano di casa sua o meglio della zia Veronica che lo ospitava, solo però dopo avergli infilato con perizia due dita in gola. Non era la prima volta che Marco si lasciava andare a lodevoli comportamenti verso il prossimo ma questa volta aveva subito riconosciuto in quel elegante signore qualcosa di speciale, qualcosa che forse pochi altri avevano notato: il suo tavolo era un andirivieni di donne, giovani e bellissime femmine. Api sul miele? Quando Goral, nel levare al cielo l’ennesimo flute di un millesimato Perrier-Joeur, prese a barcollare Marco con scatto felino l’aveva già in braccio, tutto il resto è storia.
Il pomeriggio seguente lo aveva accompagnato nella sfarzosa suite dell’hotel “Le Byblos” dove guarda caso l’americano alloggiava e Goral quella cosa non se l’era più dimenticata; affidargli il progetto della nuova galleria d’arte pareva quindi scontato.

Corinne aveva il compito di distribuire ai selezionati invitati le patinate brochures, indossava un elegante sari indiano giallo ocra, come del resto tutte le sue colleghe quella sera, la seta finemente lavorata le segnava lo splendido corpo evidenziando i piccoli seni, sfacciatamente ostentati e desiderabili come le sue labbra brillanti di gloss. Quando arriva il turno di Marco eccolo sfoderare la collaudata tecnica del “fiorettista”: affondare e sorprendere! L’affondo richiede immediatezza:

Hai gli occhi più seducenti del mondo…io sono Marco… l’architetto, e tu?
Corinne…
Mhh... il nome è francese ma il tuo viso rivela tratti orientali…sei un affascinante mistero bella Corinne…lasciami indovinare…sei l’ultima trovata di Goral, il desiderio virtuale che si materializza, tu non esisti…sei un sogno, sei il mio sogno segreto vero? Ha ha ha…
Due fessure nere incontrano due fessure nocciola, si toccano, si sfiorano, si baciano...
Fuochino…accosta le morbide labbra all’orecchio di Marco, profumo d’albicocca...
E' un segreto…
Provo a indovinare: sei una guerriera Ninja in missione segreta, eliminare tutti gli architetti di questo mondo…
Ha, ha, indovinato, Bravo! … no dai, e che mio papà faceva l’ingegnere meccanico per una multinazionale francese, una volta girava il mondo e in Indocina ha conosciuto mia madre dove io sono nata, un piccolo villaggio sul Mekong… però a sei anni ci siamo trasferiti definitivamente qui Milano…
Ora sorprendere
Curioso …Io in Indocina non sono mai stato di che profuma?
Scusa?!
Si…come dire… New York odora di scarpe nuove, Parigi di ruggine…
Di nuovo le fessure si prendono, si appiccicano, si sfasciano.
Bella questa cosa dei profumi…Mah! Che dire…ero piccina, ho solo dei lontanissimi ricordi...
Prova a socchiudere gli occhi Cheri
Corinne attorciglia con le dita una ciocca dei lunghi capelli, meravigliosamente neri e lucente come tanti Softail vivid-black al raduno stagionale.
Mhh… il Mekong profumava, profumava…profumava… di bambù!
Brava Cheri!
Bacio. Dopo i profumi giocano ai colori e Marco le confessa che conosce un luogo dove i sensi per un attimo si confondono, forse com’era una volta il Mekong, e questo posto si chiama “Maison Colonial”, poi quando Marco le prende la mano fingendo di saperci leggere solo il passato e non certo il futuro perché “mica era un mago-vero” si avvicina loro Goral che fatto perso inciampa sul vestito di Corinne schiantandosi sul bianco pavimento in resina. Il bianco era il colore dominante della sala, occasionalmente intervallato da inserti trasparenti di plexigras che Marco aveva giustificato come un omaggio allo “spazialismo” di Fontana ma che in verità gli erano stati suggeriti visitando il nuovo store di Zara ubicato peraltro a poche centinaia di metri. Di lì a poco e come in un deja-vù Marco lo aveva caricato questa volta sul Pagodino del magnate e accompagnato in hotel. Goral, in preda agli effetti allucinogeni di chissà-che-cosa, per tutto il tragitto prese a rantolare e farneticare di tempeste ciclopiche e mostri marini per poi passare a risate e pianti isterici e concludere il viaggio, o meglio il suo “trip”, imprecando “sono tutte troie e Corinne è la più troia di tutte!”.
Marco tuttavia nemmeno lo ascoltava, nella testa solo lei , era anche riuscito durante il tragitto a messaggiarle “...tu sai d’albicocca. Bacio, Marco” e solo arrivato a casa si era accorto della bustina apparsa sul suo Motorola che recitava: “E tu sai di capra! Corinne”.
Sorpreso e confuso dall’inaspettata risposta si accingeva a passare ansiosamente la notte in bianco, quando alle 2,47 del mattino era trillato il cellulare:
Pronto?
Ciao architetto sono Corinne, hai letto il mio messaggino?
Ma che ore sono? (Fingendo di essersi svegliato)…si! Ho letto la finezza…
Dai, mica ti sarai offeso vero? Però un po’ te lo meritavi… tutte quelle stupidate sugli odori...
Mi sembrava ti divertissero Cheri!…
Sii...sei stato carino, originale, ma uno come te può invitarmi a cena, quando vuole
…?
Perché hai le mani grandi, le ho viste subito, e io trovo gli uomini con le mani grandi irresistibili!
Guarda che sono protesi
Vero?! ...e le originali dove sono finite?
Sono rimaste attaccate al collo di una hostess…!
Ha!ha!ha! Che tipo…
Ma dove sei Corinne, chi c’è lì con te?
Sono in auto con le mie bbbeeeelllissime collegheee!! (coretti vari), sentile come si scatenano …, dopo il lavoro la “noche è loca!” ah, guarda che in quel posto ci voglio venire, la meson…ora ti devo lasciare. Bacio architetto…
Baci e fiori cheri.

Rieccoli davanti alla vetrina dell’elegante negozio
“L’armonia dei toni e la risonanza dei materiali formano lo charme della dimora”, Corinne legge ad alta voce la citazione racchiusa in una piccola cornice di corallo composta a mosaico.
Che bella frase… Marco non trovi?
Mah…sinceramente non saprei…
Non ti piace?
La trovo artificiosa come dire…finalizzata alla vendita, ecco! La poesia invece è fine a se stessa.
Sentilo un po’ l’intellettuale…sai fare di meglio?
E’ una sfida?
Dai su! Fammi sentire?
Lascia stare…
Dai poeta! Insiste Corinne
Marco assume un’espressione tra il serio ed il faceto. Imposta la voce e recita alla Bogart: I mobili quando riposano apprendono gli accenti del tempo sotto la carezza lieve di un raggio di sole che si perde nell’ombra…
Corinne sorride, ha il tepore nel cuore. Marco invece scoppia in una fragorosa risata indicando con l’indice un’altra cornice in corallo identica alla precedente. Corinne ne legge mentalmente il contenuto: I mobili quando riposano….
Stronzo! Mi hai fregata…
Prova a colpire Marco con un buffetto che ha la velocità di una carezza. Marco, anticipando il movimento, l’ha già placata in un abbraccio.

Andiamo via, comincia a piovere.

La camera 106 del Motel Roma sembra una stanza per camionisti. Letto, comodino, sedia. Doccia e servizi incastonati in due metri per tre. Sulla parete è montato un grande specchio senza cornice. La filodiffusione gracchia canzoni melò e non c’è modo di spegnerla. Marco e Corinne si spogliano insieme per la prima volta. Corinne gli prende le mani e le porta a stringere il seno, le gambe sode, il baricentro della sua bellezza . Toccami, gli sussurra, comprime l’imbarazzo stupore di lui con la lingua che gli schiude le labbra… Corinne sei un sogno, io non smetto di desiderarti, voglio baciarti Corinne, baciare la tua bocca per sempre, eternamente. Vorrebbe gridarle queste parole e altrettante ne prenderebbero forma se avesse la forza e il coraggio di farlo, ma è già dentro di lei, lo sguardo svuotato, dentro il petto prosciugato, come se tutto, la tensione, la concentrazione, la forza si fossero dileguate, come se il fatto d’averla trovata fosse sufficiente per vivere e amare.
Corinne spranga i grandi occhi neri e subito stacca le labbra e poi stacca le gambe e tutto il corpo perché ha avvertito in quel attimo immenso un tuffo nel sangue e un brivido nello stomaco, troppo per non rompere il silenzio
Aspetta Marco, ascoltami un attimo, c’è una cosa che ti devo dire e che forse non hai capito…
??
…insomma…fare l’amore con me costa 1000 euro e per te ha già fatto Goral!
Il suono più bello del mondo inanella parole che come sassi lapidano chi le ascolta.
Ma cosa cazzo dici ?
Perdonami Marco, ho capito tardi…ti prego…
Silenzio prima della tempesta
Sei solo una povera troia che non ha capito un cazzo vero!? Stronza, non hai capito un cazzo! …possibile… tu e quel vecchio ebreo…mi fate schifo! Ti chiamo un taxi, vattene! Vattene via subito, non voglio più vederti, vattene ho detto!!!
Ci manca solo un amen che non la prenda a schiaffi. Non la guarda, non la guarda rivestirsi in silenzio, non la guarda uscire dalla stanza, non la guarda andare via per sempre. Osserva il grande specchio a parete, dentro c’è un uomo nudo disteso su un letto enorme e sfatto, pugni chiusi , pensieri che come fratelli si dilaniano in una faida, occhi stanchi, respiro bloccato, buio.
Quando riapre gli occhi è notte fonda, la filodiffusione annuncia l’ultimo pezzo di Tonino Carotone “… è un mondo difficile, vita intensa e felicità a momenti …”. Un momento lungo tre settimane, un abbandono piacevole e sottile che è già malinconia.
Guida piano verso casa, l’aria umida è fresca sa ancora di pioggia e Marco assapora ogni piccola molecola scorrergli lungo la laringe e approdare nella risacca del proprio respiro ancora sincopato. Dai gas fratello! L’urlo rimane soffocato in gola e implode nell’anima dove stabile alberga il desiderio di colei che di lì a poco, sicuramente tradita da Goral, ritroveranno a sbarcare il lunario in qualche night club di provincia, contesa tra vecchi bavosi e giovani bulli in calore. Comunque sia, ingenui coglioni come lui non le capiteranno più di certo, l’affermato professionista in ascesa, si ripeteva tra una curva e l’altra, o magari chissà avvenente com’era, di meglio: più ricchi , più brillanti e divertenti o perfino un giovane rampollo miliardario follemente innamorato a cui donerà figlie incantevoli e che le risparmierà i capricci e perfino le mal celate scappatelle. Già, perché come udì sentenziare pochi giorni prima proprio da Mr. Kiton
“alla bellezza si perdona tutto!”.